La leucemia linfoblastica acuta (LLA) rappresenta circa il 10% di tutte le leucemie. È una neoplasia rara, ma è quella con la maggiore incidenza tra i bambini e i giovani adulti: è infatti uno dei tumori più frequenti in età pediatrica e rappresenta quasi il 75% delle leucemie che colpiscono i ragazzi fino ai 15 anni. In seguito la percentuale decresce progressivamente, per raggiungere un nuovo picco di frequenza in età avanzata, dopo i 70 anni.

Una malattia a sviluppo molto rapido

La leucemia linfoblastica acuta è provocata da un anomalo accumulo di linfociti rimasti allo stadio “immaturo” (linfoblasti) che compromette la produzione di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. In seguito al loro rapido incremento, queste cellule tumorali possono raggiungere anche i linfonodi, la milza, il fegato e il sistema nervoso centrale.

Il ruolo dei farmaci biologici nel trattamento della LLA

Ai trattamenti chemioterapici, che rappresentano il tradizionale approccio terapeutico a questa malattia, si sono aggiunti negli ultimi anni farmaci in grado cioè di intervenire solo sullo specifico bersaglio molecolare. Ancora più recente e promettente è l’immunoterapia: farmaci biologici il cui meccanismo d’azione fa sì che le cellule tumorali siano combattute dai linfociti sani del paziente stesso.

L’importanza della MRD, malattia minima residua

L’immunoterapia si è rivelata efficace nel trattamento della malattia minima residua (MRD, minimal residual disease), un indicatore che segnala l’eventuale presenza di cellule tumorali non visibili morfologicamente, anche quando il paziente abbia raggiunto la remissione completa. Identificare e trattare farmacologicamente questa MRD è estremamente importante, perché le cellule tumorali rimaste potrebbero condurre a una recidiva della LLA. È questa una delle frontiere più avanzate della lotta alle neoplasie, che può portare alla reale e definitiva guarigione del paziente.




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